mercoledì 14 maggio 2014

London Grammar, "If You Wait" - Recensione


voto: *** 1/2


I London Grammar sono giovani e come tali, vengono lanciati dal music system in pompa magna. Come sempre, ultimamente, si parla di The Next Big Thing; come sempre, negli ultimi tempi, la case discografiche investono una quantità esagerata di soldi nelle band emergenti possibilmente composte da front-men e front-women muniti di bel visino.
Sempre di più, si punta lo sguardo su band dal sound difficilmente categorizzabile se non sotto l'etichetta di "indie" (sopra-insieme che non ha il minimo significato o quantomeno, nessun significato facilmente spiegabile in poche parole), dal look alternativo, dalle dinamiche musicali adatte a fare da sfondo alla puntata di una serie televisiva alla "Grace Anatomy". Insomma, si tende sempre di più a quell'universo hipster che va tanto di moda ultimamente e quindi non solo moda ma anche musica e letteratura si stanno muovendo da un po'di anni in questa direzione.
Non ho niente contro la moda hipster se non che ritengo sia ormai un movimento morto e sepolto semplicemente commercializzato e dato in dono alle grandi masse.
Tutto questo preambolo per dire che i nuovi artisti cosiddettamente hipster (o "indie" che dir si voglia), sono pionieri di un nuovo pop che è dunque commerciale e facilmente consumabile. I London Grammar non fanno eccezione - come non la fecero i The XX quando debuttarono con il loro "XX" - e pubblicano un album di debutto, "If You Wait", che grida da ogni poro "musica indipendente" ma non fa niente di più né niente di meno di quello che già altri hanno fatto negli anni passati. Ma non c'è nemmeno troppo bisogno di andare a cercare negli annali.
Florence Welch punta tutto sulla voce e sull'interpretazione come la nostra Hannah Reid - o come la portentosa Annie Lennox qui ricordata dal timbro profondo e dai giochi vocali - i già citati The XX sono pionieri delle atmosfere notturne e ovattate. Cat Power è già maestra nell'esprimere malinconia attraverso gli accordi languidi di una chitarra elettrica.
I London Grammar sono bravissimi perché c'è qualità in quello che scrivono e nella musica che suonano; c'è ricerca del dettaglio, c'è passione ed emozione. Mi trovo in disaccordo però, con chi li reputa fenomenali e con chi strilla ai quattro venti che sono il futuro della British Music.
Da questa definizione mi dissocio: non sono interessata ad innalzare una band a nuovo oracolo.
Per tutto il resto, Hannah Reid (voce e testi), Dan Rothman (basso) e Dot Major (poli-strumentista), hanno centrato il bersaglio.
Il loro LP di debutto è poco più che una raccolta dei brani già pubblicati in formato EP in aggiunta a qualche inedito ma l'insieme è ben gestito. Ogni brano è collegato all'altro dallo stesso senso di malinconia e dalla stessa profondità di argomenti.
A questo punto, è più che chiaro che non si sta parlando di un album allegro, tutt'altro, ma di una manciata di canzoni che si collocano sì nel pop più radio-friendly, ma più sofisticato. Meno di plastica per intenderci.
Da qui, il voto medio/alto che ho dato all'opera. 
"If You Wait" è certamente un album patinato ma con un'anima al suo interno, racchiusa nella dolcezza delle melodie, nella perfezione con cui ogni brano è costruito - le ritmiche, le pause, i sottofondi inseriti a dare atmosfera a ogni brano, nella particolarità dell lyrics che sono criptiche e al tempo stesso autobiografiche e dirette.
Di sicuro, un album che vale la pena ascoltare almeno una volta, anche solo per godere di brani come "Hey Now", "Waisting My Young Years" (brano in cui chiunque potrebbe immedesimarsi), "Strong", "Nightcall", "Metal & Dust".
Ci sono delle cadute di tenore, dovute ovviamente alla giovane età dei membri della band che vorrebbero attingere a più stili musicali senza però riuscirci con convinzione. Nello specifico sto parlando di "Flickers" che è sì, bellissima nei suoi tamburi tribali ma non convince fino in fondo per mancanza di mordente.
In fin dei conti i London Grammar sono la versione pop dei Daughters - a cui spesso vengono accostati ma con cui non condividono le intenzioni - sono la grammatica delle emozioni e la risposta inglesissima degli americani The National.
Solo la voce di Hannah merita l'ascolto; poi ci sono quei piccoli gioielli come il brano "If You Wait" che chiudono in bellezza un album perfetto e dolcissimo che valgono l'intero album. 
Uno di quei brani che iniziano e paiono i soliti sottotono, brani ambient e poi esplodono grazie agli archi pieni e d'effetto sul finale; un mood che è un po' quello dell'intero LP.