giovedì 20 giugno 2013

"1Q84" di Murakami Haruki - Recensione

"1Q84" - Front cover dell'edizione Giapponese dei libri 1,2 e 3
 voto: **** e 1/2

Prima o poi arriva nella carriera di un artista quell'opera che è la summa di tutto ciò che ha prodotto in precedenza. E di tutto ciò che arriverà poi.
Per Murakami-sama "1Q84", è tutto questo e molto di più.
Sarà difficile per me riuscire a sintetizzare il giudizio su un'opera di tale portata (basti pensare che in tre libri, superiamo un totale di mille pagine), per contenuti e intreccio estremamente complessi.
Impossibile essere imparziale, ma per questo non sono affatto preoccupata; una volta assimilata la lezione che questa storia insegna, non pensi più da un punto di vista oggettivo.

"1Q84", si sviluppa in tre libri (aprile-settembre/ottobre-dicembre), e viene narrato seguendo le vicende alterne di Aomame - istruttrice di educazione fisica per un club di ricchi a tempo pieno e assassina di uomini che usano violenza alle donne, quando necessario - e Tengo, insegnante part-time in una scuola preparatoria, ex prodigio della matematica e romanziere a tempo perso. Il motore della storia è il romanzo "La Crisalide d'Aria", scritto dall'affascinante quanto taciturna diciassettenne Fukada Eriko, che utilizza il nom de plume Fukaeri. Tengo viene trascinato nel progetto dal suo editor - l'anticonformista Komatsu - diventando il Ghost Writer del romanzo e completando la stessa Fukaeri là dove ci sono lacune di scrittura ed elaborazione del testo, nonché caratterialmente. Aomame nel frattempo viene coinvolta in una serie di eventi straordinari che la porteranno ad accorgersi piano piano di non trovarsi più nel 1984, anno in cui la storia all'inizio è ambientata, ma in uno spazio-temporale che lei ribattezza 1Q84; un mondo dove tutto è possibile che ha sostituito quello precedente e dove le normali leggi metafisiche si mescolano all'onirico e all'impossibile. Dove in cielo, stanno sospese due lune; una è grande mentre la "figlia" è piccola, verde e dalla superfice bitorzoluta.
Più la storia prosegue, più Aomame e Tengo - che sono legati dal filo rosso del destino e mai si sono dimenticati nonostante si siano incontrati una sola volta in vent'anni - si avvicinano e le loro strade cominciano a intrecciarsi sempre di più. Le loro sorti si mescoleranno a quelle di una setta religiosa chiamata Sakigake che opera in modo sotterraneo e poco pulito, e a quelle di un investigatore privato che si mette sulle loro tracce ma che si ritroverà ad affrontare qualcosa di troppo grande, Ushikawa.

Il lettore incontrerà una moltitudine di personaggi ben definiti o solo abbozzati ma che fanno da cornice perfetta a una realtà composta da sogni.
Una realtà che affronta le vecchie tematiche care a Murakami e che qui vengono riproposte tutte; c'è il meta-libro e la creazione del romanzo. C'è il rapporto con il sesso e il rapporto tra uomo e donna fatto di puro piacere carnale, passione o violenza.
Il "bene" e il "male" che non sono mai netti; sono solo un equilibrio precario su cui il mondo poggia e all'essere umano non è data altra possibilità se non quella di coesistere con questi concetti tanto astratti quanto reali, qui rappresentati appieno da quelle figure simil-mitologiche che sono i Little People.
La realtà dentro al sogno o viceversa qui permea ogni pagina. L'amore incondizionato e vero che piega i mondi pur di realizzarsi. Ma anche l'amore del tutto eccezionale per il ritmo delle parole e della narrazione stessa.
Io sono riuscita anche a scorgere una critica alla società moderna non troppo nascosta e nemmeno infilata a caso sul finale a mo' di morale; la società è cieca e menefreghista. A pochissimi viene data l'opportunità di venire a conoscenza della verità e di ciò che si cela dietro il velo di Maya. Quelle poche persone, sono coloro che riescono a scorgere le due lune in cielo mentre queste rimangono invisibili a tutti gli altri.

Mi rendo conto che Murakami non è uno scrittore per tutti; chi desidera, per esempio, una spiegazione a ciò che accade pagina per pagina può rinunciare fin da subito a prendere in mano questo libro.
Fatevi un favore: risparmiate i soldi.
A chi non sente il bisogno di una spiegazione spiccia propinata per quietare gli animi, allora potrà trovare la lettura interessante.
Se riuscirà a farsi trascinare dal ritmo a volte incalzante, a volte esageratamente rallentato, del romanzo - non si pentirà una volta arrivato alla fine.

Già, la fine.
Quel finale maledetto che ha lasciato delusi in tantissimi e il cui ritmo al ralenty ha fatto saltare i nervi ai più; abbandonate ogni speranza di una lettura "normale", fin dalle prime righe del libro terzo.
La normalità viene abbandonata completamente proprio in finalità del soggetto narrato e delle tematiche. Non c'è niente di vero o reale ma solo qualcosa di simile al reale.
Perché è dell'anno 1Q84 che il libro parla.
Potrà mai esserci una spiegazione logica per un anno mai esistito e che porta nella sigla la "Q" di question mark?

mercoledì 19 giugno 2013

"The Great Gastby" OST - Recensione

The Great Gatsby OST - Deluxe Edition

voto ***

Recensione lampo di una colonna sonora che sarà un "lampo".
In senso stretto perché ha fatto tanto parlare di sé prima della pubblicazione, ha ricevuto qualche riconoscimento e molte critiche ora che è sul mercato ma di cui ricorderemo poco in futuro. E non perché sia poi così tremenda, intendiamoci, ma nemmeno così sensazionale come il produttore esecutivo Jay Z ci ha voluto vendere.
Ebbene sì, in mezzo a questa commistione di sound e generi c'è proprio il rapper di "The Blueprint" per intenderci, che è uno che di hip-hop ne ha sempre capito un sacco.
Ma questa volta cilecca, non in modo esagerato si capisce, eppure non riesce a centrare in pieno il bersaglio. La colonna sonora presenta picchi altissimi tra brani che sono già cult e fantastiche, tipiche spacconate nigga style, per poi crollare in un buco nero profondo di poca pertinenza con il film (che ho visto e le cui scene in abbinamento ai brani ho ben presente).
Si sa, la colonna sonora  - che sia composta di canzoni vere e proprie o di uno score - è una storia dentro la storia e il massimo assoluto lo si raggiunge nel momento in cui presa singolarmente riesce a narrare pieghe e risvolti che faticherebbero a trapelare con le sole immagini.
E dunque come non apprezzare la cafonaggine stilosa di "100$ Bill": bar nascosto dietro la barberia dove regnano fiumi di alcool, ballerine nere mezzo svestite tra pailettes e lustrini e uomini ricchi e neo-ricchi che sfoggiano tutta la loro potenza sociale ed economica anche solo presenziando in quel luogo malfamato.
O come non amare la scena post-party al ralenty dove una dolcissima - e meravigliosa - "Over The Love" fa da eco infinita? O la versione foxtrot di "Young And Beautiful" durante i festeggiamenti sfrenati che diventa poi theme d'amore tra Gastby e Daisy? O "Together" dei The xx che, eterea, torna più volte a mano a mano che ci si avvicina verso il finale.
Tutti momenti meravigliosi che si sono impressi nella mia mente come fotografie al negativo.
E ce ne sarebbero altri che non sto ad elencare perché poi penso a certi passi falsi da paura come la presenza di un remix inutile di "Over The Love" (ancora?!), o la cover spaventosa in stile jazz anni '20 di "Crazy in Love" : voglio dire, va bene cercare dell'autocompiacimento ma addirittura arrivare ad autocompiacersi anche per le hit della propria moglie no, eh! E Beyoncé in prima persona coverizza a sua volta un'altra grande hit (ma che sta almeno cinque spanne sopra alla sopracitata), che è quella meraviglia di "Back to Black" di Amy Winehouse qui rovinata nel suo significante dalla presenza di Andrè 3000.
Niente da dire sulla cover di Jack White del brano degli U2, "Love Is Blindess" (esplosione orgasmica nel padiglione auricolare).
Ma voterei zero Gotye che per quanto io adori, qui coverizza se stesso in un vecchio brano facente parte di un album addirittura del 2006. Fantasia zero. Eppure i ri-arrangiamenti sono ottimi e questo mi ha fatto venire ancora più rabbia.
Menzione d'onore per il brano di Sia, "Kill And Run", composto appositamente per il film e che sul finale ha un crescendo da brividi sottopelle. Non commento nemmeno invece i due brani tamarrissimi (ok, il commento mi è scappato lo stesso), di will.i.am e Fergie: non appena ne sento le prime note premo il fast-foreward.
La versione Deluxe è apprezzabile perché presenta la versione orchestrale di "Young And Beautiful" della Del Rey che devo dire, rende il doppio grazie all'arrangiamento curato da Craig Armstrong. Di tutti gli altri extra, facevamo anche a meno.

Per quanti pregi questa colonna sonora abbia, nel complesso si perde molto del quadro generale e non si riesce a percepire con chiarezza tutta la grandezza che forse si desiderava trasmettere.
Riprovaci, Jay Z.

Ascolti consigliati; "100$ Bill", "Love Is Blindness", "Love Is The Drug","No Church In The Wild", "Over the Love", "Together", "Kill And Run", "Young And Beautiful (DH Orchestral Version)".

Hope Valentine.







mercoledì 5 giugno 2013

She & Him, "Volume 3" - Recensione



She & Him - Volume 3
voto ** 1/2

Ok, forse con il voto sono stata un po' cattiva. E' impossibile non adorare gli She & Him, duo americano molto alternativo capitanato dalla bella Zooey Deschanel accompagnata dall'inseparabile Matt Ward. Zuccherosi e svenevoli fino al tracollo. Di chi ascolta.
Appunto.
Seriamente, la loro ultima fatica,"Volume 3" (che fa seguito a un "Volume One" e a un "Volume Two", perché i ragazzi hanno molta fantasia), non è così disprezzabile come si potrebbe capire da questo incipit. Eppure non mi convince appieno.
Per chi non li conoscesse, è facilmente interpretabile dalla copertina qui accanto che il duo in esame tratta materiale vintage. Molto vintage. Non che sia per forza un male - io sono fanatica del vintage, per esempio.
Il problema fondamentale a mio avviso è che l'album manca di inventiva. E' esplicitamente, palesemente, dichiaratamente, il seguito degli album precedenti, nonché riconferma dello status di cantori di canzoni "d'ammmore" anni '60. 
Non che sia un male, ripeto, ma arrivata alla traccia numero quattro - "I Could've Been Your Girl" - non ce la faccio più e devo interrompere l'ascolto per pericolo diabete in agguato dietro l'angolo.
Lo riprendo dopo un po' di tempo, magari qualche ora in cui sono riuscita a depurare il mio organismo, e riesco ad arrivare fino alla fine.
Al che mi accorgo che non è affatto un prodotto fatto male e tirato via e che qualche cosa di interessante ce l'ha. La produzione è ottima e molto raffinata. Zooey non è mai stata una gran chanteuse, ma è proprio questo il suo fascino.
Allora cosa è andato storto? Niente, questo è il punto: sembra il compito in classe del secchione di turno che si cimenta in una ricerca sui sound che hanno caratterizzato il rock bianco degli anni '50 e'60, con qualche incursione negli anni '70.
Troppo perfetto, troppo di plastica in tutta la sua dolcezza disarmante.
Le lyrics di Zooey si fanno più mature ma parlano quasi sempre della stessa cosa: "I've Got You're Number, Son", omaggio al surf-rock dei Beach Boys. La malinconica "Turn To White" e la baldanzosa "Somebody Sweet To Talk To". Immaginate un po' di che cosa parlano?
Le cover si salvano, come "Baby" o "Sunday Girl", e c'è perfino qualche guizzo di originalità con una spruzzatina di jazz a far capolino come un clandestino beccato allo sbarco senza documenti: "London", è forse il momento più alto dell'album e il più ispirato della Deschanel.
"Hold Me, Thrill Me, Kiss Me" è Elvis Presley 2.0 ma apprezzabile come una vagonata di zucchero filato assunto nell'arco di un intero pomeriggio.
E quel "Reprise (I Could've Been Your Girl)": dopo il primo minuto di "Uhuhuhuhuh", ci ho rinunciato e ho fatto ripartire l'album dalla traccia numero uno.

Le tre stelline non potevo darle, proprio per coerenza morale. Nonostante ci troviamo tra le mani un album, come già detto, dalla fattura pregiata.
E nonostante io adori questo duo e ogni tanto passi il tempo a fantasticare sulle note dei loro brani - in estate e durante i lunghi viaggi in macchina sono ottimi - non posso comunque dire che gli She & Him si siano impegnati troppo.

Ascolti consigliati; "I've Got Your Number,  Son", "I Could've Been Your Girl", "Snow Queen", "Sunday Girl", "London".

Hope Valentine.