martedì 2 aprile 2013

The 20/20 Experience - recensione. Justin Timberlake e la nuova calibrazione del genere Funky


JT--The 20/20 Experience (Deluxe Edition)
voto *** e 1/2

"God save the... King of pop!".
Sempre che ne esista ancora uno dopo la prematura dipartita del sovrano supremo, Michael Jackson.
Siamo rimasti orfani, tutti quanti, di un genio incommensurabile che sapeva trarre spunto da tanti generi musicali per poi condensarli in un unico stile personale.
Tutti, ma proprio tutti -  dai tipi più esigenti e indie come gli hipsters, anche se non lo ammetterebbero tanto volentieri, ai rapper neri e pieni di catenone d'oro - rispettavano MJ, come il fenomeno che era.
Cosa è cambiato subito dopo?
Semplicemente per colmare quel vuoto lasciato da Mr. Jackson, siamo stati sommersi da artisti plasticosi che avevano poco da dire, con squadroni di super-produttori alle spalle che si limitavano a fare il compitino e a creare pezzi commerciali, di plastica pure quelli, che hanno inquinato - e continuano a farlo - le nostre povere e sensibili orecchie.
Qual' è allora il metro di giudizio per elevare un'opera comunemente etichettata "pop", a una statura più elevata, meno mainstream, e più accurata, raffinata, elaborata ed eleggibile a nuova pietra miliare? Non esiste. Trattasi di mero giudizio personale.
Tutto questo giro di parole per specificare fin da ora che no - non sono un' amante sfegatata del cosiddetto "pop", eppure ci sono titoli che non possono essere ignorati nemmeno quando hanno una diffusione così popolare e commerciale; perché in alcuni rari casi, non è sinonimo di poca qualità.
E l'ultima fatica di Justin Timberlake - tornato alla ribalta dopo ben sette anni di assenza con il semplice pseudonimo di JT - è uno di questi.
Quando uscì il primo singolo, Suit&Tie evitai di ascoltarlo per intero per non incappare nella tipica curiosità che mi coglie e precede ogni nuova release; ma pochi attimi di ascolto mi fecero capire che Justin aveva nuovamente cambiato rotta rispetto al precedente successo FutureSex/LoveSounds. Per questo presi fiato, mi armai di pazienza e decisi di attendere l'album intero, che non ha tardato ad affacciarsi sul mercato globale.
Ed ora che sono entrata in possesso dell'LP più atteso dell'anno, sono pronta a esprimere il mio giudizio.
Che è a dir poco positivo.
L'album si apre con Pusher Love Girl, dichiarazione d'intenti musicali e tematici; una intro composta da un tappeto melodico d'archi che riporta alle origini della musica. Niente più beat discotecari e ballerecci ma solo la musica e il suo cuore pulsante con un Groove molto anni '70 che fa da ponte tra il passato e l'innovazione e una outro che farebbe muovere anche le pietre. Subito dopo, ecco arrivare il singolo apripista - Suit&Tie - che più Vogue Uomo di così non può fare: il video ufficiale con cui è stato rilasciato, abbinamento sapiente di b/n e immagini che richiamano le atmosfere di un locale di spettacoli anni '30/'40, suggerisce l'accostamento di JT a un modernissimo Frank Sinatra. L'abito elegante, la pettinatura, il cantato pulito solo decisamente più efebico, ne fanno un nuovo pioniere di sexyness e glamour. Impossibile non muovere a ritmo almeno le spalle, anche nel tremendo e inutile tentativo di rimanere impassibili a un simile ritmo.
Don't Hold The Wall, è la nuova versione di JT per ciò che intende con "muoversi a tempo di musica": le mossette da ballerino sicuro del proprio corpo non sono scomparse (lo immagino in sala di registrazione che scossa la testolina impomatata di qua e di là), ma il sound è retrò e accuratissimo nelle sfumature etniche/bolliwoodiane che compongono l'intero pezzo. Lo zampino di Timbaland qui è evidentissimo e superlativo. Strawberry Bubblegum è il brano che mi convince meno per il momento, ma è comunque un ottimo brano tirato sapientemente a lucido che inizia con un'intro decisamente vintage - stile 45 giri che viene posizionato sul grammofono - prosegue sdolcinato fino all'inverosimile e si conclude in modo degno nonostante le lyrics da diabete ("If you be my strawberry bubblegum, I'll be you're blueberry lollypop").
In successione arriva una Tunnel Vision cinematografica in molti sensi; per quanto l'argomento sia di nuovo l'amore della sua vita qui JT non esagera troppo con i romanticismi e riesce a creare un piccolo gioiello in beat ispirandosi al mondo cinematografico con un testo che riprende proprio il linguaggio della cinematografia ("I got a tunnel vision for you"). Devo dire che a un primo ascolto è uno dei brani che mi convince di più insieme a quello in apertura.
Spaceship Coupe; anche questo brano non mi convince particolarmente anche se è forse quello che conserva maggiormente un legame con FutureSex/LoveSounds per sonorità ma proprio per questo è il pezzo che si discosta un po' di più dall'intero LP.
Subito dopo, una intro da vero e proprio locale di spettacoli anni '40, dove il soul e il jazz andavano alla grande ci immerge nel mondo di That Girl: Marvin Gaye, sarebbe stato fiero dell'allievo JT, anche senza averlo mai conosciuto! Riff di chitarra blues che ti si attacca addosso e non ti molla più, sezione di fiati pimpante e coro sopra le righe: chiedereste qualcosa di meglio?
A seguire troviamo la seconda traccia più scatenata dell'album, la pioniera Let The Groove Get In; oltre a essere un chiaro invito a ricevere nella migliore delle predisposizioni questa ultima fatica di Timberlake e soci, è anche l'avanguardia di quelle che saranno le future hit radiofoniche. Non so perché ma sono abbastanza sicura che la sentiremo per radio e sarà forte, e si trascinerà dietro tutti gli artisti plasticosi sopracitati che il talento non sanno nemmeno dove abiti.
La nona traccia è la splendida Mirrors, secondo singolo estratto; vagamente ricollegabile per sound  - i beat sono gli stessi - all'antesignana What goes around... comes around, ne è l'esatto opposto per tematiche. Qui Timberlake e Timbaland - sembra uno scioglilingua - si sbizzarriscono nella creazione di beat in medio-tempo, dalla caratteristica ritmica cadenzata e marcata che ormai è diventata la firma di Timbo. L'intro e l'outro, danno un valore aggiunto al brano senza stranamente appesantirlo ma anzi donando quella varietà che altrimenti non ci sarebbe stata solo con la parte centrale. La conclusione della versione standard di questo LP, viene affidata a una lentissima e molto ambient, Blue Ocean Floor; non so perché ma il titolo mi ha sempre suggerito che si sarebbe trattato di un pezzone lento e introspettivo e le mie aspettative non sono state deluse. Di certo qui Justin scioglie il papillion e si rilassa seduto comodamente, cantando un brano dedicato all'amore della sua vita spezzando finalmente il ritmo serrato tenuto finora.

La versione Deluxe comprende altri due brani; Dress On e Body Count. Entrambi pezzi piuttosto ritmati e sostenuti, il secondo addirittura ricorda vagamente una Like I Love You degli esordi. Comunque, trattasi di brani intelligenti che rimarcano un'ultima volta il genere verso cui JT si è spostato, più funky e soul, e fanno da backfire finale per chi come me ha provato gusto passando in rassegna ogni brano presente in questo LP.

Alla fin fine, il voto che ho messo lassù in cima è anche troppo basso ma mi riservo di riformulare il giudizio finale all'uscita della seconda parte di questo ampio lavoro, che sembra quasi voler ripercorrere tutte le sonorità che hanno composto la carriera di Timberlake.
Come sarà questa misteriosa pt.2? All'avanguardia ma con uno sguardo al passato tanto per continuare sullo stesso concept? Oppure, e lo spero, una nuova sfida e con ritmi più lenti, ancora più classici e puramente funky quasi che questo The 20/20 Experience, sia stata una lunghissima ma curatissima intro alla seconda parte dell'opera?

Hope Valentine.




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